Psicoterapia “Psico-terapia”, viene dal greco “psichè” (anima, soffio vitale) e “therapeia” (cura): in senso esteso possiamo dire che “fare psicoterapia” significa “prendersi cura dell’anima”. Il percorso terapeutico non ha nulla a che vedere con il rapporto medico-paziente, non ci sono medicine da prendere né consigli da seguire ma un percorso a due, costruito insieme, in cui è il/la paziente a prendersi in carico se stesso/a, la sua vita e la responsabilità del proprio cambiamento, cioè di riappropriarsi di quella vitalità, benessere e capacità di godere della propria vita in tutti i suoi aspetti, che a un certo punto si è bloccata oppure di risollevarsi e recuperarsi dopo uno dei duri colpi che la vita a volte ci impone di affrontare e che sentiamo di non riuscire ad affrontare da soli. E lo psicoterapeuta? Come una guida alpina accompagna nel percorso, a volte accidentato e tortuoso dell’esplorazione di se stessi, di quella strada nuova che si è deciso di intraprendere e che conduce dritto al sé più autentico, alla possibilità di stare di nuovo bene con se stessi e con gli altri.
Nell’ottica della psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico interpersonale ogni sintomo è un segnale, un messaggio che il corpo ci manda per comunicarci che qualcosa non va, non ci fa stare bene, ma è anche l’unica soluzione che abbiamo trovato, seppur involontaria, per far fronte a un nostro conflitto interno o per rispondere a un bisogno affettivo.

Ma quali sono i segnali che ci avvisano che è arrivato il momento di chiedere aiuto a uno specialista?
A volte sentiamo la domanda d’aiuto come un fallimento, là dove ci è stato insegnato che dobbiamo farcela da soli. Eppure permetterci di farci aiutare significa che già si è valutato il problema, che siamo stanchi di girare a vuoto o di trovare soluzioni temporanee e inefficaci e soprattutto che stiamo dando valore a noi stessi. Sì, perché il percorso di psicoterapia è un cammino verso un maggiore benessere e significa che ci stiamo prendendo cura di noi. Ma anche che stiamo mostrando coraggio, perché a volte il percorso può essere impegnativo, ma se crediamo in noi stessi, spesso ne vale la pena.
Ci sono diversi motivi e sintomi che possono spingerci a chiedere un colloquio con uno psicoterapeuta:

Problemi relazionali e affettivi, che possono riguardare i rapporti per noi importanti, d’amore, di amicizia e famigliari.

Situazioni conflittuali da cui non sappiamo come uscire, che ci fanno stare male e in cui sentiamo che le dinamiche relazionali messe in atto (da noi e dall’altro/altri) sono inefficaci e sempre le stesse;

Stati d’ansia e attacchi di panico;

Depressione;

Problematiche riguardanti la sfera sessuale (vedi alla voce Psicosessuologia);

Disturbi del comportamento alimentare, come anoressia, bulimia, obesità psicogena e binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata). Questi disturbi possono essere pervasivi e invalidanti, il pensiero sul cibo, per la propria immagine corporea e il peso acquista un’importanza così elevata da diventare ossessivo e condizionare ogni aspetto della vita, soprattutto relazionale e sociale. Le problematiche riguardanti il comportamento alimentare vanno distinte dalla cura del proprio benessere fisico e la preoccupazione di seguire una dieta che ci mantenga in forma. L’inflessibilità riguardo gli occasionali sgarri alla dieta o l’impossibilità di concedersi il piacere di una cena più ricca in compagnia o, al contrario, non riuscire a regolarsi e mangiare in modo incontrollato e in orari particolari, come di notte, sono solo alcuni degli indicatori di una possibile problematica di questo tipo.
Una consulenza psicoterapeutica può anche essere utilmente affiancata ad un percorso nutrizionale per chi deve seguire una dieta e non riesce a dimagrire, favorendo la motivazione ma anche permettendoci di esplorare quali emozioni possono essere coinvolte nel nostro rapporto con il cibo. Mangiare è infatti piacere e appagamento, ma con il cibo possiamo anche colmare un vuoto o sfogare rabbia e tristezza. Per questo può essere importante scoprire e gestire il ruolo che ha per noi.

Disturbi psicosomatici, cioè quei sintomi fisici che non hanno una causa organica, ma mostrano come il nostro corpo esprime le emozioni che non riusciamo a pensare e dirci. Spesso è il medico ad indirizzarci ad uno psicoterapeuta, perché, ci dice, l’origine del nostro malessere è nella nostra mente. Questo può destabilizzarci perché può essere davvero difficile collegare il nostro corpo alla nostra mente e alle nostre emozioni. Un tipico esempio è la Sindrome del colon irritabile, in questo caso è l’intestino a farsi sentire, con tutto il malessere e a volte il dolore che comporta. Il nostro intestino è considerato un secondo cervello, quello emotivo e, al contrario della testa, non mente mai. Poter dar voce alle emozioni che si aggrovigliano nella nostra pancia, snodare i conflitti, l’ansia e le paure, può migliorare anche il nostro benessere intestinale.

Problematiche riguardanti la propria identità sessuale, come la difficoltà ad accettare la propria omosessualità. In un contesto ancora eteronormativo e omofobico come quello in cui viviamo, in cui la norma e la normalità è essere eterosessuali, è ancora difficile considerare l’omosessualità una variante del comportamento sessuale/affettivo umano (così si è espressa a proposito l’Oms). Per chi vive sulla propria pelle l’esperienza di scoprirsi omosessuale può essere difficile accettarsi ed esprimersi. Considerarsi o pensare di essere considerati diversi può spingere a nascondersi. Da una parte ci si protegge dalla violenza di una discriminazione che può essere manifesta ma anche e più pericolosamente subdola, dall’altra però si sacrifica la propria autenticità e la possibilità di viversi e vivere relazioni affettive e sessuali appaganti e soprattutto libere da pregiudizi e sensi di colpa.
La psicoterapia può aiutare nel percorso di accettazione e coming-out e può rivelarsi utile anche per genitori e/o famigliari che hanno difficoltà ad accogliere e accettare l’omosessualità del proprio figlio o della propria figlia.

Il percorso terapeutico è caratterizzato da colloqui settimanali della durata di 50 minuti circa.