E poi, in questo tempo che ci sembra incomprensibile, ci siamo dimenticati dei bambini e dei ragazzi. Durante le emergenze, le catastrofi, quando la nave sta per affondare, sono i primi, insieme alle donne, a essere messi in salvo. Quasi sempre, forse non questa volta.
All’improvviso sono stati privati della scuola, delle relazioni tra pari, di quella con insegnanti ed educatori, dello sport e alla fine anche dell’aria aperta e dell’accesso a ogni bene diverso da cibo e prodotti per l’igiene. Sì perché nei supermercati aperti delle città non sempre si possono comprare giochi, materiale da cancelleria e libri. Sono considerati beni non essenziali. Eppure per un bambino o una bambina chiusi in casa da settimane lo sono eccome. Colori, quaderni, colla e scotch, cartoncini colorati, insieme sicuramente a un creativo riciclo casalingo, sono diventati pane quotidiano e la salvezza di giornate scandite da ore diventate tutte uguali.
I nostri figli sono passati da un mondo dove tutto è loro concesso, sommersi di oggetti, attività scolastiche ed extrascolastiche, da un mare di stanchi sì, a un grande no.
Eppure, forse, questo grande no non è diverso da quei tanti sì, perché in entrambi i casi questi bambini o adolescenti, noi (gli adulti) non li vediamo.
Prima non vedevamo la stanchezza del troppo fare o quelle giornate passate dentro, chiusi in un silenzio assordante, la nostalgia di un abbraccio, a volte strappato velocemente nella corsa contro il tempo di giornate troppo piene, quel divano rifugio, la tv o lo smartphone che incolla bambini desiderosi di aria e vento e genitori troppo stanchi.
I bambini e i ragazzi non hanno bisogno di un’ora d’aria, come carcerati innocenti, ma di essere finalmente riconosciuti, nei loro bisogni, soprattutto di comprensione di questo momento così difficile da spiegare anche a noi adulti e nelle loro emozioni, ora più che mai confuse e implose.
In questo momento che sembra sospeso proviamo a rispolverare uno dei più grandi tesori che abbiamo e che spesso ci dimentichiamo, sommersi come siamo dal quotidiano: l’ascolto. Ascoltiamoci e ascoltiamo, ora che di rumore non ce n’è. Essere ascoltati, sentirsi compresi è una boccata d’aria nuova, permette anche di fermarsi e aspettare, perché ci si sente al sicuro, anche se di risposte certe non ce ne sono.
Ma poi come lo spieghiamo ai bambini e ai ragazzi quello che sta succedendo?
Magari attraverso delle storie, che i bambini adorano, con parole a loro comprensibili.
I ragazzi più grandi e gli adolescenti hanno invece bisogno di conoscere e della nostra fiducia, perché sono in grado di comprendere, anche che abbiamo paura e non sappiamo come andrà. Non è questo a spaventarli ma la mancanza di speranza, di un futuro a cui tendere. La conoscenza salva, perché ci permette di avere meno paura. La paura si alimenta di fantasmi e non detti. Ecco perché è fondamentale mantenere la quotidianità e la progettualità, le connessioni con la loro realtà. Stiamo dentro ma non stiamo fermi, siamo sospesi ma non è finita. Non abitiamo un vuoto ma uno spazio, che può essere vissuto, anche se con qualche difficoltà. Se è vero che non andrà tutto bene, sappiamo però che andrà, finirà e che dipenderà anche da noi.
Possiamo mostrare loro che rispettare le regole non significa accettarle passivamente ma comprenderle e farle proprie, considerandole la modalità più importante per dare il nostro contributo attivo al contrasto di questa epidemia. Così potremo anche uscire, responsabili tutti e soprattutto liberi, perché non ci staranno concedendo un’ora o due, sarà un nostro diritto prendercela.
Racconti per bambini e adolescenti:

https://scienzaexpress.it/libro/laila-e-il-coronavirus/

https://sport.sky.it/calcio/2020/03/27/coronavirus-libro-cattaneo-la-nostra-partita

http://sovrazonalecaa.org/il-coronavirus-spiegato-a-bambini-e-adolescenti/